Sono passati più di due anni dal lancio dell’iGaming regolamentato negli Stati Uniti e i risultati fino ad ora conseguiti non sono certo entusiasmanti. Il Nevada è stato il primo Stato a lanciare, nell’aprile del 2013, il nuovo servizio offrendo on line solo il poker. Poi è stata la volta del Delaware che, a partire da ottobre 2013, ha deciso di regolamentare sia il poker on line sia i giochi da casinò. La decisione è stata, poi, rapidamente adottata a novembre anche dallo stato del New Jersey. Visto il bacino di utenza relativamente ristretto, il lancio dei nuovi giochi in Nevada e Delaware è passato in sordina. Gli occhi degli addetti ai lavori erano tutti puntati sul successo annunciato del New Jersey, considerato uno tra i più interessati mercati a livello mondiale. Ben presto, però, queste aspettative hanno dovuto fare i conti con la realtà. Tutte le previsioni, anche le più prudenti, sono state smentite da risultati a dir poco deludenti: il Gaming Gross Revenue (GGR) nel 2014 è stato di soli 123 milioni contro il miliardo di dollari previsto. Neanche i dati di quest’anno, sembra, possano invertire questa tendenza. A febbraio il settore ha registrato un fatturato lordo di 10,4 milioni contro gli 11,6 di gennaio. A fine anno, secondo le stime, il mercato non dovrebbe superare i 185 milioni.
Come ovvio, risultati così modesti hanno rallentano la partenza di nuovi progetti in altri stati dell’Unione, come la California. Ma quali sono stati i motivi di questa debacle?
Una delle causa principali, a detta degli analisti, è stata la tiepida accoglienza che banche e carte di credito hanno riservato al settore. I principali operatori finanziari per molti mesi hanno rifiutato tutte le operazioni codificate con causale 7995, il prefisso che negli Stati Uniti identifica le transazioni riconducibili al gioco d’azzardo legale e non. L’utilizzo di altri mezzi di pagamento – come i borsellini elettronici e le carte prepagate – non sono riusciti, da soli, a sopperire a tale handicap non consentendo, di fatto, al settore di operare a pieno regime.
Un altro grosso problema è il sistema di geolocalizzazione utilizzato per limitare le puntate ai soli residenti dello Stato. Nonostante la tecnologia in questo settore abbia fatto passi da gigante, alla prova dei fatti, questo sistema ha creato non pochi disagi ai consumatori finali soprattutto quando le connessioni avvengo in zone di confine oppure in movimento. L’adozione di questa tecnologia impedisce, inoltre, l’utilizzo di browser mobili per smartphone e tablet obbligando l’utente a scaricare sul proprio dispositivo un’applicazione dedicata.
Come se non bastasse, a complicare le cose e a rendere il processo di start up meno fluido ci si è messa anche la burocrazia. In America i casinò e i siti di gioco on line sono considerati alla stregua degli operatori finanziari e pertanto obbligati a registrare una serie di dati sensibili relativi all’identità dei propri utenti. Uno di questi è il Social Security Number (SSN), un dato che molti cittadini americano sono restii a inserire durante una registrazione on line. L’ambiguità della norma ha permesso poi ad alcuni operatori di richiedere solo le ultime quattro cifre di questo numero a scapito di quegli operatori che hanno deciso di applicare la norma in modo più restrittivo.
Un ulteriore freno all’espansione del mercato è arrivata dalle limitazione imposte a livello commerciale. Google, per esempio, ha una politica di marketing che vieta a qualsiasi operatore di gioco di acquistare in New Jersey parole chiavi per indirizzare le ricerche degli utenti. Se non fosse stato per Facebook che, invece, ha permesso ai concessionari di pubblicizzare i loro prodotto, la regolamentazione del mercato sarebbe passata in sordina. Questa opacità dell’informazione non ha, inoltre, permesso agli utenti di compiere scelte consapevoli nella selezione dell’operatore di gioco a cui affidare i propri soldi. Tutto ciò ad esclusivo vantaggio degli operatori illegali favoriti, inoltre, dalla possibilità di offrire promozioni più allettanti e tempestive. Ogni nuova campagna commerciale – sia essa un bonus oppure il lancio di un nuovo gioco – deve, infatti, passare sotto la lente del DGE, l’organismo di controllo del gioco on line del New Jersey, con evidenti aggravi in termini di tempi e costi di gestione.
Altro punto critico è quello della fiscalità. Attualmente in New Jersey i casinò terrestri sono sottoposti ad un’aliquota del 9,25% mentre gli operatori on line devono pagare il 17,5%, quasi il doppio. Secondo gli analisti un allineamento del regime impositivo consentirebbe agli operatori on line di effettuare maggiori investimenti in marketing e nello sviluppo di nuovi prodotti contribuendo in questo modo allo sviluppo del mercato.
Tutte queste sono le criticità sul tavolo del DGE che, se da un lato ha deciso di creare un ambiente di gioco sicuro per i consumatori, interpretando in modo molto rigoroso le norme statali, dall’altro ha dimostrato fin dalla sua costituzione una spiccata sensibilità verso le esigenze degli operatori, disponibilità che, purtroppo, per il momento, non ha dato i frutti sperati.