Ognuno deve “assumersi le proprie responsabilità” nel gioco, ed ognuno è responsabile “di ciò che fa”. Ormai, sul mondo del gioco d’azzardo è stato detto quasi tutto: “demone od acquasanta” è a discrezione di ognuno che si appresti a sottoporre la propria attenzione a questo settore ed a questo mondo. Indubbiamente, gli spot sulla pubblicità del gioco non possono non suscitare estrema attenzione ma dovrebbe -sempre ed innanzitutto- valere il concetto di una sorta di autoregolamentazione delle “parti che scendono in campo”. Gioco e giocatore hanno “le loro responsabilità”: il gioco deve divertire ed il giocatore deve divertirsi. Certamente si trovano da un lato giuste e legittime le strategie di contenimento sui rischi di eccessivo spreco economico, ma dall’altro va ritenuto assolutamente legittimo il desiderio di giocare a proprio rischio essendo a conoscenza che, proprio per questo, il rischio bisogna saperlo valutare, conoscere e trattare con equilibrio. Dunque, sapersi responsabilizzare nel gioco equivale a poter giocare di più e deve far parte della “partita”.
Gioco, divieti, responsabilità e regolamentazioni. I vari divieti di gioco -pur giusti e giustificati- come quelli di non consumare alcool e droghe, non scoraggiano alcuno, oppure funzionano in modo assolutamente parziale: bisognerebbe, invece, ripiegare su politiche di contenimento e di dialogo. Insomma, la pubblicità sul gioco a volte è spettacolare e solo a volte “non autoritaria”, quasi sempre però è “monoculturale” ed interessata. L’invito alla responsabilità appare troppo generico e vale per qualsiasi altro “vizio” e non può mai funzionare se non è basata sulla sensibilizzazione dei valori per i quali, in genere, ci si dovrebbe sentire responsabili. Certo, per creare persone responsabili non bastano “spot sterili e di basso contenuto”, ma bisogna proprio lavorare sulle persone e sugli orizzonti emotivi in cui certamente non tutto è razionale e conciliabile con le regole istituzionali che fanno solo comparire “finali tragici ed irriducibili”.