Chiariamo bene i “capi d’accusa” del gioco d’azzardo. Innanzitutto, si dovrebbe mettere in un angolo tutto ciò che di brutto e negativo si è detto in questi anni contro il mondo del gioco lecito: se ne sono dette di tutti i colori sia a stampo politico che a stampo sociale, che a stampo “etico”. Si dovrebbe, quindi, “prendere il toro per le corna” ed una volta per tutte elencare quali siano le “censure” che si imputano al gioco, vederne la quantità, volerle affrontare e da ultimo volerle anche risolvere. In pratica le censure sono solo ed unicamente tre: la prima, con il gioco si perde e, quindi, ci si rovina. La seconda, si rischia un’epidemia di persone rovinate dal gioco. La terza, “quelli del gioco” pagano poche tasse. La “pochezza” -in quanto a numero- di queste “censure” va da sè che dimostra la loro “risolvibilità” qualora lo si voglia profondamente ed onestamente.
Tre valide risposte per far riflettere “onestamente” sulle problematiche del gioco. Si risponde alla “terza censura”: l’industria del gioco autorizzato sarebbe “veramente stremata” da debiti per acquistare forme di gioco “non redditizie” e le attività che realizzano “tanto volume economico” -ma che in pratica non rendono- sono quelle affossate dalla pressione fiscale anche se i “media” si divertono a diffondere dati contrari ed assolutamente lontani dalla realtà. Alla “seconda censura” si risponde che i malati di Gap sono 7mila ed un altro migliaio sono presi in carico da strutture per problemi legati al gioco. Paradossalmente, gli altri 52 milioni di cittadini sono tutti aggredibili da dipendenze di svariate forme. Alla “prima censura” cosa si può rispondere realmente? Sì, al gioco si perde: è un dato fisiologico derivante dal fatto che si tratta di un’attività economica da cui l’Erario “deve” trarre una risorsa sicura ed indipendente dalla fortuna e oltretutto legato al fatto del numero delle giocate.