La “deregulation” nonostante tutto ciò che si dice, non si applica al mondo del gioco. Anche se quando si parla di gioco d’azzardo la prima cosa che salta in mente è una forma di “deregulation” globale che lo avvolge, un’immagine di regole non “ottemperate” costante, una forma di “anarchia” sociale perdurante, dobbiamo alla fine fare il conto, invece, con un settore tra quelli più controllati e rigidamente regolati che “vivono” nel nostro Bel Paese. E’ una “reale realtà” vista la disciplina applicata nei confronti dei concessionari del gioco pubblico da parte dello Stato e questa “realtà” si addice principalmente a quei tredici concessionari che gestiscono gli apparecchi da intrattenimento: le “famigerate macchinette mangia soldi”. Questi operatori sono tenuti a rigidi controlli e regolamenti durante tutto il periodo della concessione che lo Stato ha loro “destinato” e, quindi, tutta la “deregulation” che l’opinione pubblica si paventa relativamente al gioco d’azzardo… non esiste proprio! I concessionari del gioco, dopo aver profumatamente pagato le concessioni, devono sottostare ad un rapporto severo, lineare, limpido, controllato più di qualsiasi altra impresa che abbia a che vedere con lo Stato.
Lo Stato e le altre gare di concessione pubbliche. Le altre gare di concessione che non si riferiscano al mondo del gioco pubblico non sono certamente così restrittive: ma quello che “circola” come voce presso i cittadini in relazione al gioco è questa “anarchia regolamentare” che nel settore assolutamente non c’è, ma che invece “riempie la bocca” di coloro che sono i detrattori del gioco pubblico e che continuano a denunciare l’assenza di vere regole nei confronti del comparto del gioco. L’unica “deregulation” che in effetti esiste nel settore è che continua a proliferare un insieme di leggi o regolamenti locali che impongono -ahimè- ingenti restrizioni al mercato, limitando la libertà di impresa per quegli operatori che nel gioco ancora credono: questa è la vera “deregulation”.