Pochi giorni fa, il sindaco appena eletto di Glendale, in Arizona, ha deciso di aprire una trattativa formale con la tribù indiana dei Tohono O’odham per discutere l’apertura di un nuovo casinò. I primi ad opporsi, con l’aiuto del vecchio sindaco, sono stati però i membri di un’altra ”nazione”, la Gila River Indian Community, che già gestisce una casa da gioco a poche miglia di distanza e che da anni cerca di bloccare il progetto. In California, i Chuckhansi e i loro finanziatori, una società di investimenti di Wall Street, hanno già speso 2 milioni di dollari per fermare il referendum popolare sul nuovo casinò che i Mono Indians vorrebbero costruire giusto alle spalle della loro riserva.
In Wisconsin, nella speranza di evitare la costruzione di nuova casa da gioco vicino a Milwaukee una tribù ha donato 50 mila dollari all’Associazione dei Governatori Repubblicani. Negli ultimi mesi, episodi simili si sono ripetuti in tutti gli Stati Uniti. Quella che doveva essere una soluzione per far uscire gli indiani d’America dall’indigenza si sta trasformando in una nuova fonte di liti.