Si chiama fantasy sport il nuovo fenomeno che è esploso negli ultimi anni negli Stati Uniti. Si tratta di competizioni interattive virtuali nelle quali i partecipanti si sfidano con squadre formate da giocatori professionisti veri. Negli Stati Uniti intorno a questo gioco si è creato un vero e proprio business. Un fenomeno tutto americano per nulla paragonabile al nostro “fantacalcio” per un semplice motivo: il calcolo sull’esito degli incontri avviene in modo più obiettivo, sfruttando le statistiche degli sport americani. Il “fantacalcio”, al contrario si basa sulle pagelle dei quotidiani sportivi, ovvero su valutazioni soggettive dei giornalisti. Negli States, invece, ci sono regole oggettive e rigide che fanno dei fantasy sport veri e propri skill games.
Secondo la Fantasy Sports Trade Association (FSTA) il fenomeno nasce nel corso degli anni ‘80 da un gruppo di amici che, utilizzando le statistiche relative alle competizioni sportive pubblicate sui giornali i ed i primi rudimentali PC, creano dei veri e propri campionati virtuali utilizzando le rose dei vari campionati sportivi, dal football al NBA.
Dalla sua nascita l’interesse crescente degli utenti per questa nuova forma di intrattenimento è dimostrato dai dati: nel 1988 si stimavano circa 500 mila giocatori all’anno, nel triennio 1991-1994 sono diventati circa 2 milioni, e nel 2014 addirittura 41,5 milioni con un fatturato che si aggira intorno agli 11 miliardi di dollari. Forbes, nel 2013, ha stimato che il mercato potrebbe arrivare in pochi anni ha sfiorare i 70 miliardi. Cifre forse esagerate, ma comunque reali ed impressionanti.
Poi ci sono da considerare anche i benefici indiretti. I partecipanti a questo genere di giochi sono considerati i fan più incalliti. A differenza dei semplici appassionati il loro interesse non è limitato a un solo team, perché le squadre di fantasia attingono giocatori da tutto il campionato. Un altro business collaterale è rappresentato, poi, della “stampa” di settore: sempre più blog offrono preziose statistiche a pagamento.
Il gioco è una simulazione dei giochi sportivi reali. I partecipanti si comportano come i proprietari di una squadra usando i giocatori dei tornei reali. Dopo la creazione della squadra è possibile iscriversi ai tornei. Il gioco funziona sulla base dei punti che le squadre virtuali raccolgono durante la stagione. Ma esiste anche una forma più evoluta. Aziende come FanDuel e DraftKings fanno pagare una piccola quota di iscrizione ai loro utenti per partecipare a tornei pubblici che durano solo per una settimana, senza nessun impegno continuativo per i clienti. Invece di giocare con gli amici, i partecipanti sono in competizione con le squadre virtuali di altri anonimi utenti con l’obiettivo di accaparrarsi un montepremi molto più ricco del solito. Ad esempio, il più grande campionato pubblico di FanDuel, il Sunday Millions, distribuisce ogni settimana un montepremi di circa 2 milioni dollari. Al vincitore sono garantiti 250 mila dollari e sono previsti premi di consolazione per altri 21 mila partecipanti. Il modello di business di queste società è semplice: trattenere il 9% di ogni quota di iscrizione e destinare il resto a montepremi. Dal momento che le quote di iscrizione sono predeterminate (dai 20 ai 30 dollari) se un campionato non ottiene abbastanza iscrizioni in una data settimana, il “banco” ci rimette. Alla fine, si tratta di un modo più sofisticato per “scommettere” che progressivamente sta sottraendo spazio vitale soprattutto al betting sportivo (soffocato da una regolamentazione che lo rende lecito sono in pochi stati) ma anche agli altri giochi on line. Senza contare che i confini tra i due settori sono sempre più sottili. Molti membri del team esecutivo di FanDuel, per esempio, hanno avuto precedenti esperienza nel settore del gambling e DraftKings è uno dei principali sponsor del World Series of Poker, il più grande torneo di poker del pianeta.
Mentre negli States l’attenzione dell’opinione pubblica è da anni focalizzata sul poker e sul betting on line, i fantasy sport stanno lentamente cannibalizzando la liquidità del mercato, senza che nessuno se ne accorga. In modo del tutto paradossale, il “fantacalcio” in salsa a stelle e strisce non rientra nei divieti dell’UIGEA, non essendo ritenuto un gioco d’azzardo, al contrario del poker, e in rete si è creato un vero e proprio boom. Il fenomeno sembra dunque destinato a crescere considerato che difficilmente gli appassionati di sport diminuiranno in futuro. Per tale ragione l’industria del betting e la classe politica dovranno, prima o poi, fare i conti con questo fenomeno se un giorno le scommesse telematiche dovessero essere legalizzate anche negli States.
