Intendere e volere. Abbiamo sempre asserito, senza paura di essere smentiti, che qualunque individuo è libero di scegliere come vivere e come agire, se rubare od essere onesto, se giocare per divertimento o per compulsione, se giocare in modo lecito od in modo illecito. Non vi è dubbio altresì che da tanto tempo a questa parte il gioco d’azzardo, le slot machine, le vlt e qualsiasi altro gioco, sia entrato nella vita quotidiana e faccia parte di quei “passatempi” che tanti cittadini scelgono per trascorrere il proprio tempo libero entrando in questo mondo affascinante, pieno di musiche, luci e colori accattivanti. Il gioco, preso come tale, è puro divertimento: quando diventa compulsivo non ci esime dal riconoscere questo disagio e ci fa comunque rendere conto di cosa stiamo facendo e quanto stiamo rischiando. Solo casi eclatanti, e per fortuna non sono innumerevoli, si perde completamente il “raziocinio” e si diventa “schiavi” della slot, del poker, della vlt come della droga o dell’alcool.
La Corte dei Conti decide “sulla volontà”. La decisione della Corte dei Conti asserisce che la propensione al gioco d’azzardo non fa venir meno la capacità di intendere e di volere ma riconosce la volontarietà del proprio comportamento e si esprime per il risarcimento da parte di un vice commissario all’Ambasciata d’Italia in Zimbabwe al Ministro degli Affari Esteri per un importo di 178.719 euro circa sottratti a più riprese dai fondi contabili della sede estera di appartenenza “giustificandosi” che tali ammanchi sarebbero stati causati da una presunta sindrome per il gioco d’azzardo compulsivo. La Corte ha deciso che tale patologia non può costituire un’esimente di responsabilità, ma invece un’aggravante in quanto il vice commissario era perfettamente a conoscenza del proprio disagio ed avrebbe dovuto richiedere di essere sollevato dal proprio incarico che rivestiva maneggio di danaro pubblico: in questo comportamento la Corte ha ravvisato il proposito doloso, quindi la volontà di sottrarre danaro all’Ambasciata.