Quando non si hanno proprio le idee chiare… Sembrerebbe semplice e lapalissiano riconoscere la differenza tra gioco legale e gioco illegale: invece no. Il consumatore sempre di più non riesce a “riconoscere” la legalità (controllata, verificata, censita e tassata) che ormai è troppo evanescente nei confronti dell’illegalità ed oltretutto a volte anche più difficile da “raggiungere” (vedi distanziometri che allontanano a volte dai centri abitati). Se svanisce, ahimè, questa “diversificazione” negli occhi e nella mente del giocatore, il sistema legale nella sua interezza perde le sue basi, a prescindere dal nuovo contesto normativo che andrà a rivoluzionare e ristrutturare il settore gioco. Forse, anche i giocatori stanno aspettando questo per vederci… più chiaro e poter poi scegliere in tranquillità. Alla futura “auspicabile ristrutturazione ed innovazione del gioco lecito” si richiede “estrema chiarezza” nell’interesse degli operatori e per la tranquillità e serenità dei giocatori.
Il “distanzionetro” e le altre “diavolerie”. E’ ormai pacifico ed assodato che il “distanziometro” approvato in tantissime città, sta provocando inconsciamente un incentivo alla scelta di prodotti di gioco non autorizzati (e, quindi, non controllati, non censiti, non tassati), come è altrettanto pacifico che l’assenza di una risposta di repressione attiva e reale contro i prodotti “alternativi ed illegali” stia velocizzando il declino ed il collasso del settore legale. Il vero paradosso, però, è che anche un’eventuale “cancellazione” di tutti i “distanziometri” in essere non basterebbe a far riemergere le attività legali, laddove ormai il consumatore è orientato: verso i totem ed i dispositivi illegali sempre pronti ad accogliere i giocatori… in qualunque posto. L’illegalità si insinua con rapidità estrema e porta “guadagno facile, rapido, non tassato e non punito”. Il dato su cui ci si deve concentrare è senza dubbio il continuo e costante forfait delle aziende-gioco lecite, ma sopratutto sulla scomparsa della “legittimazione del sistema”, ovvero sulla scomparsa proprio dell’aggettivo “lecito”.